Nella provincia di Ancona è nascosto un gioiello
L’anfiteatro romano di Suasa è situato ai limiti del pendio collinare che cingeva a oriente la città, asservito dalla viabilità che tagliava ortogonalmente quella principale a nord del Foro. Si trovava al margine di un settore della città occupato da complessi pubblici e privati di elevato tenore architettonico: Foro, Domus dei Coiedii, Teatro.
Di forma elittica è per dimensioni uno dei maggiori delle marche: asse maggiore 98,7 m. (333 piedi); asse minore 77,2 m. (260 piedi). La sua imponenza ne ha garantito da sempre la riconoscibilità ed è forse il solo monumento di Suasa che da sempre è stato visibile, anche quando la città dopo l’abbandono si era interrata.
Dai primi anni sessanta del novecento la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche effettua con regolarità campagne di scavo e di restauro che stanno via via restituendo la piena riconoscibilità al monumento. Per la costruzione dell’anfiteatro si è sfruttata, almeno per il settore orientale, il naturale pendio collinare su cui giace, sfruttandolo come appoggio per le gradinate.
L’anfiteatro aveva otto accessi (vomitoria) che permettevano l’accesso all’arena (ingressi principali) e ai vari ordini di gradinate. Gli ingressi erano coperti da volte di cui restano ampie testimonianze e i due principali, posti all’estremità dell’asse lungo, erano costituiti da una galleria principale affiancata da due laterali più strette. Di particolare interesse è la soglia ben conservata tra l’ingresso principale meridionale e l’arena, così come il sistema di gradinate di accesso al corridoio posto sul podio.
La vasta spianata ellittica dell’arena era cinta da un alto podio realizzato con una cortina di filari di laterizi alternati a filari di blocchetti di calcare locale bianco e rosa la cui sommità è occupata da un corridoio pavimentato con lastre di calcare bianco.
Al di sopra si conservano ampi tratti dell’ ima cavea, il primo giro di gradinate, formata da tre gradini-sedili rivestiti di calcare, alle spalle dell’ultimo gradino c’era la praecinctio, uno spazio che delimitava l’ ima cavea dalla media cavea, quest’ultima cinta da un basso muretto rivestito di lastre calcaree, raggiungibile con scalette a gradini lapidei.
Nella media cavea mancano tracce di gradinate in muratura, è probabile dunque che fossero costruite in legno appoggiate in parte sul terrapieno di riempimento (lato occidentale) o direttamente sulla scarpata di scavo (lato orientale). Anche l’ultimo ordine della gradinata, la summa cavea, doveva essere costruita in legno.
Anche quest’anno riparte la campagna nazionale de “i luoghi del cuore del FAI” che consente a tutti di votare via web i luoghi di maggiore interesse storico e culturale a cui sono più legati perché ricevano dei fondi per ritrovare il loro antico splendore, proprio come è successo all’anfiteatro di Suasa, altro luoghi dell’immenso patrimonio artistico del bel paese potranno ricevere fondi per la ricostruzione e le opere di manutenzione straordinaria.